Si racconta che, tra i vicoli assolati di Scicli, quando il mare sussurrava i suoi segreti alle colline, vivesse una giovane donna conosciuta per la sua bellezza e per un tatuaggio misterioso inciso sul petto: un fiore di loto. La donna non parlava mai del significato di quel simbolo. Alcuni dicevano fosse un segno ereditato dalla madre, altri mormoravano fosse un sigillo magico, legato a un amore ormai perduto. Ogni notte di luna piena, la donna andava nella Grotta delle Lacrime, una cavità nascosta tra le scogliere, dove si diceva si potessero udire le voci degli spiriti. Una di quelle notti la terra tremò e una luce azzurra avvolse la giovane. Quando emerse dalla grotta, teneva tra le mani un piccolo oggetto mai visto prima: un fiore di loto d’oro, con al centro una goccia di luce cristallina, splendente come la luna. Era il suo tatuaggio trasformato in un gioiello reale. Alcuni dissero che fosse stato forgiato dagli spiriti stessi, altri giurarono che fosse il cuore di una stella caduta. La donna scomparve, senza lasciare tracce. Ma il pendente rimase. Fu ritrovato molti anni più tardi da un orafo, era nascosto in una nicchia della grotta, come se stesse in attesa di qualcuno. L’uomo, commosso da cotanta bellezza decise di chiamarlo “Incanto” e di custodirlo come fosse un dono d’amore eterno. Da allora “Incanto” è diventato un gioiello. Chi lo indossa con cuore puro può ascoltare ancora oggi le parole di quella donna quando diceva: “Non tutto ciò che amiamo scompare. Alcune cose si trasformano in luce.”